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L’acufene consiste in un fastidiosissimo fischio nell’orecchio.

Si tratta di una patologia che interessa il 10% della popolazione mondiale. A Bari da guarigioni casuali a protocollo terapeutico.

Per curare l’acufene è importante una diagnosi precoce. In quel caso, infatti, le possibilità di cura aumentano considerevolmente.

Arriva da Bari una speranza di cura per l’acufene, una fastidiosissima sensazione che viene percepita all’interno dell’orecchio e che in molti casi diventa addirittura invalidante. Stiamo parlando di una patologia che interessa quasi il 10% della popolazione mondiale e che in Italia coinvolge circa tre milioni di persone.

La possibile soluzione al problema è stata individuata, in maniera pressoché casuale, dalla dott.ssa Loredana Bottalico, titolare dello studio odontoiatrico “Dentosophy” di Bari.

Una scoperta effettuata proprio nell’ambito del settore odontoiatrico che, come è noto, non si occupa solo di denti, ma spazia in tutto ciò che riguarda le funzioni in cui il cavo orale è coinvolto: masticazione, fonazione, deglutizione, respirazione.

Ci si è resi conto, insomma, che molti casi di acufene potrebbero dipendere proprio dalla deglutizione. Da qui l’applicazione di primi interventi, indirizzati in questa direzione, che hanno prodotto risultati più che incoraggianti, tanto da rendere auspicabile un approfondimento scientifico. L’invito da parte della Dr.ssa Bottalico, infatti, è rivolto a qualsiasi Università o istituto di ricerca che voglia collaborare nell’approfondire i risultati raggiunti.

Il dato di partenza è che chi soffre di acufene si sottopone giustamente agli esami di prima scelta (visita dall’otorino, audiometria, esame neurologico, RMN), ma nel caso in cui non si evidenzi alcuna lesione organica a carico dell’orecchio il paziente viene invitato a rassegnarsi. Nella maggior parte dei casi, quindi, gli esami strumentali non rilevano nulla di patologico a carico dell’orecchio se non la presenza del sintomo invalidante soggettivo riferito dal paziente. In seguito al trattamento gnatologico a cui viene sottoposto, si ha come unica prova la testimonianza del paziente sul successo della terapia e sulla conseguente scomparsa dell’acufene. Gli approfondimenti, pertanto, servirebbero a dimostrare scientificamente l’effettiva guarigione. Da qui la richiesta, da parte della dr.ssa Bottalico, del coinvolgimento di una istituzione di ricerca.

Al paziente affetto da acufene viene applicato un “apparecchio funzionale rimovibile” con funzioni differenti rispetto a quelli dentali. Va a stimolare la giusta funzione deglutitoria e ad intercettare il serramento e in digrignamento.

Ovviamente alla base c’è una importante diagnosi differenziale. Andiamo a testare, insomma, se oltre all’acufene sono presenti anche altri sintomi correlati con la deglutizione disfunzionale, con il serramento e il digrignamento. Con una buona diagnosi differenziale le possibilità di risolvere il problema aumentano considerevolmente.

E’ importantissimo, però, individuare immediatamente il problema perché prima si avvia la terapia e maggiori sono le possibilità di successo.

Fonte: Corriere dell’economia

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