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FAQ Implantologia dentale

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Come si mantengono gli impianti

Gli impianti in questi ultimi trent’anni hanno influenzato in modo estremamente incisivo il modo di affrontare la professione odontoiatrica.
L’impianto, una volta inserito interagisce con con tre diverse strutture: l’epitelio, il connettivo e l’osso. Per mantenere una mucosa perimplantare in buona salute è fondamentale tenere sotto controllo la placca. Come per i denti naturali!
Quando un paziente decide di mettere un impianto è necessario che l’igienista, in un colloquio preliminare, spieghi esattamente l’importanza del mantenimento dell’impianto con precise indicazioni delle procedure d’igiene per evitare infezioni che portino all’insuccesso dell’intervento. Ad ogni richiamo andrà valutata la mucosa perimplantare, la presenza o assenza di placco e tartaro, la presenza o assenza di suppurazione, la profondità di sondaggio (tecnica messa in discussione da diversi autori), la mobilità clinica dell’impianto.
Vengono usati gli stessi accorgimenti che si usano per l’igiene nei denti naturali, personalizzandoli a seconda del tipo di impianto inserito. Se interviene una mucosite (reazione infiammatoria dei tessuti molli che circondano l’impianto) l’igienista dovrà rimuovere la placca e/o il tartaro attorno ai pilastri con accorgimenti che non creino ruvidità nel titanio per cui se necessario, se si riscontra del tartaro, effettuare lo scaling con strumenti appositi come le curette in fibra di carbonio, di acetato, in oro o di titanio che non intaccano la superfice dell’impianto. Se il tartaro è in quantità rilevante si può usare anche uno strumento a vibrazione sonica inserendo però un inserto monouso in plastica sulla punta metallica. Se è necessario eliminare solo placca molle, si possono usare fili spugnosi facendoli girare intorno al pilastro stesso (con la tecnica “nodo a cravatta”). Se lo spazio non è accessibile con facilità, il superfloss può essere utilizzato con ago passafilo (strumento apposito). Lo scovolino non deve avere un’anima d’acciaio ma di plastica.
Importanza fondamentale deve essere data ai richiami per i controlli. Il I° anno i richiami saranno ogni tre/quattro mesi; gli anni successivi, ogni sei mesi; in caso di mucositi i richiami dovranno essere ogni tre mei. Tutto questo è conseguente all’efficienza del paziente nel mantenere l’igiene domiciliare, unitamente ai rinforzi positivi e con il grado di empatia che l’igienista avrà saputo creare con il paziente nella sua interezza.

A cosa servono gli impianti dentali

Gli impianti servono per rimpiazzare uno o più elementi dentali, senza dover ricorrere alla “limatura” dei denti adiacenti residui, evitandone, così, la mutilazione, altrimenti, indispensabile al fine di ottenere l’ancoraggio per una classica protesi a ponte.
Nel caso di porzioni edentule nelle arcate e in mancanza di elementi dentali pilastro, gli impianti servono, inoltre, come supporto indispensabile per costruire una protesi fissa, al posto di quella che, in mancanza degli impianti e date le premesse condizioni di edentulia, non potrebbe altro che essere una protesi rimovibile.
Nel caso di mancanza totale dei denti, le protesi mobili, comunemente dette “Dentiere”, attraverso pochi, ma essenziali impianti che le ancorano alle arcate mascellari superiori e/o inferiori, possono essere meno “mobili”, più fisse e quindi, più efficienti e confortevoli.

Requisiti necessari per gli impianti

Il Paziente deve essere in buone condizioni di salute generale ed orale.
In particolare, dovranno essere attentamente valutate eventuali malattie sistemiche, così come malattie delle gengive e dei tessuti di sostegno del dente (Piorrea).
Nel caso presenti, queste dovranno essere trattate, preliminarmente al trattamento implantare . E’ bene sottolineare che, molte delle cause che portano malattie all’apparato stomatognatico e di conseguenza perdita dei denti, possono concorrere a determinare un prematuro fallimento degli impianti.
Risulta necessario sottoporre il paziente agli accertamenti diagnostici del caso che comprendono, oltre agli esami clinici ed alle analisi di laboratorio: esami radiografici quali: endorali, ortopantomografia ( Rx Panoramica) e se occorre la T.A.C. (Tomografia Assiale Computerizzata). Attualmente esiste un esame radiografico tomografico computerizzato che si chiama Cone-Bean, in grado di offrire immagini esaustive dal punto di vista diagnostico esponendo il paziente ad una dose di radiazioni molto bassa. Sono a disposizione, oggigiorno, particolari programmi computerizzati che attraverso un sofisticato software sono in grado di ricostruire partendo dalle immagini radiografiche dei modelli tridimensionali delle strutture ossee mascellari del paziente. Su questi modelli il clinico sarà in grado di progettare, pianificare ed eseguire un intervento chirurgico simulato, ma definito in numero, posizione e angolazione degli impianti. Tutte queste informazioni, preliminarmente eseguite sul modello virtuale verranno poi trasferite, attraverso dime chirurgiche dedicate, alla bocca del paziente.
Per ragioni di ancoraggio meccanico, è necessario disporre, nelle sedi anatomiche opportune, di una adeguata quantità e qualità di tessuto osseo, al fine di offrire all’impianto una tenuta funzionale, condizione necessaria per garantire un affidabile supporto alla corona protesica. In riferimento a questo, occorre tenere presente che a seguito della perdita dei denti si verifica un riassorbimento dei tessuti che li sostenevano e ciò determina una riduzione del volume d’osso nella zona edentula. Questo riassorbimento è, a volte, di tale entità, da non permettere l’inserimento dell’impianto per mancanza di supporto. Esistono, inoltre, zone in cui naturalmente, le altezze e gli spessori d’osso, utilizzabili a fini implantari, sono ridotti per la presenza di limiti anatomici inviolabili, come le cavità sinusali nell’arcata superiore e il canale del nervo alveolare, nell’arcata inferiore. Anche in questi casi, tuttavia, è oggi possibile inserire impianti avvalendosi di tecniche di rigenerazione ed espansione osteo-tissutali che, in mani esperte consentono di ottenere eccellenti risultati, in modo affidabile ed altamente predicibile.

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Quanto tempo richiede una riabilitazione con impianti?

La durata della terapia implantare è strettamente legata alla quantità e alla qualità dell’osso presente.
Nei casi più favorevoli, è possibile riavere una funzione masticatoria su impianti anche in pochissimi giorni.

Tutti possono sottoporsi ad intervento di implantologia?

In generale un paziente in buone condizioni di salute può sottoporsi alla terapia implantare, indipendentemente dall’età.
Occorre invece escludere la presenza di parodontite. Le altre controindicazioni assolute ad un trattamento implantare sono rare.

Qual’è il rischio di rigetto di un impianto?

Il termine “rigetto” si riferisce piuttosto a trapianti d’organo.
L’insuccesso di un impianto è comunque raro; naturalmente l’impianto deve essere stato ben collaudato mediante studi clinici.

Nel paziente con malattia parodontale, può essere fatta l’implantologia?

La terapia implantare può essere effettuata nel paziente ammalato di malattia parodontale solo dopo che la malattia è stata trattata correttamente

La chirurgia implantare è un intervento complicato, doloroso?

L’intervento chirurgico necessario per inserire impianti nell’osso è quasi sempre ben tollerato.
Il dolore postoperatorio è di regola limitato a poche ore e si domina bene con i comuni analgesici.

Quanto dura un impianto?

L’impianto può continuare a funzionare per decenni, se viene mantenuto ben pulito con l’igiene quotidiana e con visite periodiche dal dentista.
La durata di un impianto può essere ridotta dalla cattiva igiene, dal fumo, da malattie come il diabete, da traumi o carichi eccessivi.

Cosa significa impianto “post estrattivo”?

Gli impianti post-estrattivi rappresentano una procedura clinica che si pone come obiettivo quello di ridurre i tempi che intercorrono tra l’estrazione dell’elemento naturale da sostituire e il momento in cui il paziente riceve una ricostruzione protesica supportata da un impianto.
Il momento che intercorre tra il momento in cui viene effettuata l’estrazione del dente da sostituire ( per diversi motivi ) e si inserisce l’impianto è sicuramente un momento cruciale per le conseguenze estetico-funzionali che ne possono derivare.
Possiamo distinguere e classificare gli impianti post-estrattivi in funzione del tempo che intercorre tra l’estrazione e il momento in cui viene inserito l’impianto.
Tipo 1-Impianti immediati: durante lo stesso atto chirurgico viene estratto il dente ed inserito l’impianto.
Tipo 2-Inserimento precoce a circa 4-8 settimane dall’estrazione. Dove si evidenzia la guarigione del tessuto molle del sito post-estrattivo senza una significativa maturazione del tessuto osseo.
Tipo 3-Inserimento precoce a circa 12-16 settimane dall’estrazione, con una significativa guarigione del tessuto osseo.
Tipo 4-Inserimento ritardato a circa 6 mesi dall’estrazione. In cui abbiamo la completa guarigione sia del tessuto molle che del tessuto duro.

Cosa si intente per impianto post-estrattivo immediato con carico ritardato?

Il posizionamento di un impianto durante lo stesso atto terapeutico in cui viene effettuata l’estrazione del dente, ma la protesizzazione avviene solo dopo aver atteso l’avvenuta osteointegrazione nei tempi convenzionali (circa tre mesi ).

Cosa si intente per impianto post-estrattivo immediato con carico immediato?

Il posizionamento di un impianto durante lo stesso atto terapeutico in cui viene effettuata l’estrazione del dente, e la protesizzazione avviene immediatamente nell’ambito delle 24 ore

Carico immediato in implantologia

Per carico immediato in implantologia si intende la fissazione di un manufatto protesico (una corona, un ponte,…) al momento del posizionamento di uno o più impianti osteointegrati o nelle 24 ore immediatamente successive.
Questa soluzione non è possibile in ogni condizione clinica ma deve sottostare ad un’attenta analisi diagnostica e la sua realizzazione è possibile in pazienti con specifici requisiti che possono essere identificati alla luce di una visita clinica e di esami radiografici specifici.
La letteratura scientifica riporta che ad oggi il carico immediato si è dimostrato altamente efficiente soprattutto nella riabilitazione di arcate totalmente edentule.

Cos’è la perimplantite?

La perimplantite è una reazione flogistica responsabile del riassorbimento dell’osso circostante all’impianto, progressivo nel tempo.
Le perimplantiti possono essere distinte in perimplantiti precoci che si verificano subito dopo o a breve distanza di tempo dall’intervento chirurgico e perimplantiti tardive che si verificano a seguito della riabilitazione protesica.
Le cause scatenanti sono varie ad esempio la contaminazione batterica del campo operatorio o della ferita durante la guarigione, una scorretta metodica chirurgica o ancora scorrette o inefficaci manovre di igiene orale che portano all’accumulo eccessivo di placca e tartaro e quindi infiammazione dei tessuti

Come si cura la perimplantite?

In un primo momento tramite il controllo dell’infiammazione e quindi la rimozione meccanica dell’agente causale ossia la placca e il tartaro, in un secondo momento andando a migliorare o normalizzare le condizioni anatomiche per permettere al paziente un efficace controllo di placca nel tempo.
Il clinico può avvalersi di una serie di interventi terapeutici quali rimozione meccanica di placca e tartaro con strumenti adeguati, antibioticoterapia topica o sistemica, disinfezione con agenti antimicrobici come la clorexidina e l’acqua ossigenata, trattamenti chirurgici atti a migliorare l’anatomia perimplantare.

Come si trattano le perimplantiti con la terapia non chirurgica?

La perimplantite è un’infezione che colpisce il tessuto osseo dove è stato inserito un impianto.
Le perimplantiti possono differire dalla parodontite sia per la struttura e la composizione delle cellule coinvolte nella lesione sia per l’intensità dell’aggressione della malattia. Mentre nelle lesioni parodontali avviene uno processo autolimitante proveniente dallo sviluppo di una capsula protettiva, questo stesso processo sembra non esserci per le perimplantiti.
Non ci sono evidenze scientifiche che dimostrino che la terapia non chirurgica sia risolutiva o di aiuto nel trattare una perimplantite. Secondo uno studio Cocharane condotto da Esposito et al. (Esposito M. Grusovin M, Worthington HV Interventions for replacing missing teeth; treatment of perimplntitis (revisione) the cocharane Library 2012, Issue 1), non ci sono evidenze scientifiche che possano suggerire quali possono essere gli interventi chirurgici più efficaci per il trattamento delle perimplantiti. “Il trattamento delle perimplantiti è ancora molto controverso e poco predicibile, come hanno dimostrato le revisioni sistematiche della letteratura e diversi consensus meeting.
L’unico dato certo è la prevenzione. La prevenzione delle perimplantiti, con il trattamento non chirurgico e l’utilizzo del laser hanno dato risultati superiori in termini di riduzione dei valori di infiammazione; ma una volta instauratasi una perimplantite il problema è esclusivamente medico odontoiatrico.

FAQ tratte dal sito della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia

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